Musica e sviluppo psico-socio-affettivo
La musica ha un’importanza e un valore inestimabili anche se spesso viene posta in secondo piano, nella nostra società, riducendola al semplice ruolo di intrattenimento e divertimento, diversamente da quanto accade in altre civiltà, soprattutto Africane, nelle quali essa è parte integrante della vita degli individui fin dalla nascita e assume un ruolo educativo fondamentale.
Numerosi studi odierni tuttavia hanno rivalutato e posto in risalto la sua importantissima funzione, soprattutto nello sviluppo psico-socio-affettivo del bambino.
Essa contribuisce infatti allo sviluppo della sensorialità, della comunicazione, allo sviluppo cognitivo ma, soprattutto, rappresenta un ottimo strumento per lo sviluppo delle relazioni sociali.
Durante i primi anni di vita il bambino sembra essere spontaneamente incline a comunicare in modo musicale o, per meglio dire, secondo modalità vicine al linguaggio musicale:
- lancia gli oggetti sul pavimento coordinando gesto motorio, respiro e voce, proprio come fanno i musicisti con il proprio strumento;
- sbatte ritmicamente le cose fra loro con l’energia ritmica di percussione;
- emette vocalizzazioni intonate quando sente musica intorno a sé;
- produce suoni con la voce mentre corre, salta o si butta per terra;
- pronuncia il proprio nome quasi cantando, come se fosse una piccola melodia.
Music Learning Theory
Partendo da questo presupposto che Edwin E. Gordon, celebre in tutto il mondo, nell’ambito dell’educazione musicale, come ricercatore, autore, docente universitario e curatore di diverse riviste scientifiche, ha elaborato la sua Music Learning Theory, che descrive le modalità di apprendimento del bambino a partire dall’età neonatale e si fonda sul presupposto che la musica possa essere appresa secondo processi analoghi a quelli dell’acquisizione del linguaggio.
Il suo obiettivo principale è lo sviluppo dell’attitudine musicale di ogni bambino a partire dalle sue potenzialità e nel rispetto delle sue peculiarità e dei suoi tempi.
Secondo Gordon, così come il linguaggio viene appreso per imitazione, allo stesso modo può essere appresa anche la musica.
Durante il primo anno di vita il bambino ascolta, in particolar modo chi gli parla direttamente, ed impara a ripetere le parole ascoltate, cioè si crea quello che l’autore definisce vocabolario d’ascolto, preliminare alla formazione di un vocabolario parlato.
Questo processo si protrae, comunque, per i primi cinque anni, nei quali si apprende la lingua sperimentando ed ascoltando.
Lo stesso principio può essere applicato alla musica: più musica il bambino ascolta, soprattutto di generi diversi, più in futuro saprà apprezzarla e sarà intelligente musicalmente.
Il canto
Uno strumento molto utile a questo scopo è il canto, in quanto usando le parole il bambino viene attratto dalla canzone e quindi è più propenso ad ascoltarla.
In particolar modo è attratto dalla voce (meglio se della madre) ancor prima che dalla musica, di conseguenza è più invogliato ad imitare ed imparare.
Da qui deriva l’importanza di cantare ai bambini fin dai primi mesi di vita, se non da quando si trovano nel grembo materno, per poi continuare a farlo insieme quando il bambino sarà in grado di produrre suoni e parlare.
I suoni vengono percepiti dal feto attraverso la placenta, che funge da cassa di risonanza. Numerosi studi, svolti al riguardo, hanno registrato, con l’ausilio di opportuni sondini inseriti nel grembo materno, come vengono percepiti i suoni.
L’Audiation
La teoria di Gordon mira, inoltre, allo sviluppo di quell’abilità che l’autore chiama Audiation, ovvero la capacità di sentire internamente e comprendere i suoni, anche se non sono fisicamente presenti.
Essa è indispensabile per comprendere la sintassi musicale, per migliorarne la percezione, sia nella produzione che nell’ascolto, per sviluppare una buona lettura musicale e per passare successivamente all’improvvisazione musicale.
Come si può notare, in questo caso, il confine tra Insegnamento e Terapia (intesa come attività tendente a sviluppare benessere psicofisico nel ricevente) è veramente labile: il canto e la musica strumentale, proposti nella fase prenatale del bambino, possono indirizzare infatti il suo sviluppo, in maniera armonica, già all’interno del grembo materno, per poi contribuire a generare, in seguito, uno stato di assoluta serenità.
Tratto dal lavoro di Angelo Molino
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