La cultura è paragonabile a una “cassetta degli attrezzi” utile all’adattamento alla civiltà, un ausilio per risolvere crisi e problemi.
Nella “cassetta degli attrezzi” sono presenti vecchie e nuove metodologie: tra queste, la narrazione è un’attività fondamentale, la forma espressiva da sempre utilizzata nella storia dell’essere umano.
Il suo scopo è sempre stato quello di attribuire significati, al di là delle norme condivise, a tutto ciò che ci circonda, alle esperienze vissute. E’ riferibile al mito, alla tragedia, alla leggenda, alla novella popolare, alla fiaba, all’epica, al dramma, alla storia, alla commedia, alla pittura, all’arte mimica, al cinema, ai fumetti, al teatro, alla conversazione.
La narrazione è internazionale, transtorica, transculturale, la vita stessa è narrazione in quanto storia. La narrazione è una pratica sociale e educativa che da sempre risponde a molteplici e complesse funzioni: dal “fare memoria” alla condivisione di esperienze collettive, dall’apprendimento al puro divertimento.
Il termine narrare deriva dalla radice gna-, che significa “rendere noto”, mentre il suffisso –zione deriva dal latino catione e trasmette il carattere semantico dell’agire, dell’azione e del gesto. Nella storia evolutiva dell’uomo, il narrare ha risposto e continua a rispondere a una necessità profonda, addirittura primordiale.
La narrazione attraversa le culture, i luoghi, le epoche, è intrinseca nell’uomo e non si ha testimonianza di civiltà che non l’abbiamo utilizzata, tanto che si potrebbe dire che sia nata con l’uomo.
Viviamo immersi nella narrazione ripensando e soppesando il senso delle nostre azioni passate, anticipando i risultati di quelle progettate per il futuro e collocandoci nel punto di intersezione di varie vicende non ancora completate.
L’istinto narrativo è antico e innato in noi poiché il desiderio di conoscenza è il modo privilegiato per attribuire significato.
Non solo, la narrazione è a tutti gli effetti uno strumento di negoziazione e di cambiamento: un esempio sono le figure retoriche, che rappresentano un mezzo per riflettere su se stessi, sulle proprie emozioni e sul proprio passato, dando modo di narrarlo e di narrare il presente, pronosticando il futuro.
La narrazione della propria storia è sicuramente uno dei metodi più utilizzati per ri-elaborare il sé e produrre un cambiamento, una trasformazione.
Nella narrazione in terza persona, inoltre, si riesce a creare una distanza con gli eventi che favorisce le libere associazioni, e quindi, la rielaborazione degli eventi.
Narrare, narrarsi, scrivere di sé dunque per comprendere se stessi e la realtà che ci circonda: questo ci consente di assumere un ruolo non solo di ascoltatori, ma anche di protagonisti attivi nel processo di elaborazione dei contenuti dell’esperienza.
Tratto dal lavoro di Lena Maggio
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